Echoes
7 Febbraio 2019
Scritto apposta per me
7 Febbraio 2019

di Dario Fo

Il funerale del padrone

regia, scene e costumi
Massimo Di Michele

con gli allievi della Scuola di Teatro e Perfezionamento Professionale del Teatro di Roma:
Antonio Bannò, Dario Battaglia, Federico Benvenuto, Luisa Borini, Edoardo Coen, Mariasilvia Greco, Alessandro Minati, Arianna Pozzoli, Silvia Quondam, Fabio Vasco

assistente alla regia
Gabriele Zecchiaroli 

immagine locandina
Cristina Gardumi

sarta
Carlotta Gioia

scrittura gestuale
Fabio Caputo

foto di scena
Achille Lepera

produzione
Teatro di Roma - Teatro Nazionale

Note di regia

La vicenda è quella degli operai di una fabbrica all’indomani dell’occupazione. Mentre un improbabile commissario ne ordina lo sgombero, gli scioperanti architettano una messinscena per attirare l’attenzione dei passanti e sensibilizzarli sulle ragioni delle rimostranze.

Recuperando degli abiti in prestito, gli operai decidono di rappresentare in una farsa il funerale del padrone. Prende il via uno straordinario esempio di teatro nel teatro, in cui ciascun operaio impersona i protagonisti di una cerimonia funebre.

La rappresentazione è tutta sopra le righe e si arricchisce di presenze caricaturali di fine fattura, come il Gran Poiano, l’uccello che trasporta l’anima del defunto in cielo. Il punto più alto della farsa, quello in cui si decide di sacrificare un operaio per far quadrare i bilanci annuali degli incidenti sul lavoro, sbugiarda il gioco. Il cerchio sarà chiuso quando si chiuderà il sipario: a chi sarà fatto il funerale? Al padrone o all’operaio? E se i ruoli si scambiassero per un attimo, per una sorte bizzarra e circense, e si facesse il funerale al padrone vero, all’unico proprietario del proprio lavoro e della propria vita?

Con ironia lo spettatore si trova ad assistere alla messa in scena dei delitti più crudeli: dalla tratta degli organi alla mercificazione delle persone e dei valori, dalla corruzione della chiesa alla demagogia della politica, all’attuale populismo delle nostre forze politiche. «Ho forzato, in un certo senso, i limiti della struttura stessa. Il mio obbiettivo è quello di far ridere e divertire davanti ai drammi più atroci, denunciare con ironia, con forza il problema delle morti bianche e delle migliaia di persone rimaste invalide per incidenti sul lavoro – racconta Massimo Di Michele – Dal 1969, data in cui fu scritto il testo da Dario Fo, al 2006, data in cui ne curai la mia prima regia, ad oggi il numero delle morti bianche è rimasto quasi invariato e nessuno ne parla. La denuncia, tra ironia e sarcasmo, non si ferma al problema delle morti sul lavoro, ma si estende ad altre forme di violenza contro l’uomo, come ad esempio le sciagure in mare di migliaia di immigrati clandestini, le morti causate dall’inquinamento e la violenza sulle donne. Ed è proprio a loro che dedico questo spettacolo, a tutte le donne uccise per mano di un uomo, tutte le vittime dei numerosi femminicidi che insanguinano la cronaca. In loro memoria ho scelto di far indossare scarpe rosse a tutte le attrici. Questo dovrebbe farci riflettere. Per me, tornare in scena con questo testo è un omaggio al Maestro Fo, a cui sono grato per aver sostenuto da subito l’operazione consapevole e coraggiosa di un gruppo di giovani artisti».

 

Lo spettacolo è l’esito del laboratorio tenuto da Massimo Di Michele per gli allievi della Scuola di Teatro e Perfezionamento Professionale del Teatro di Roma, finalizzato alla conoscenza degli strumenti utili all’attore per affrontare lo spazio vuoto della scena, mostrando come la pratica della recitazione, con tutti gli esercizi che sottende, possa portare a superare i propri limiti e a crescere mettendosi costantemente in gioco.

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